La crisi tra Russia e Ucraina, dopo 2 anni di crisi e violenze, sta avendo conseguenze importanti sulle esportazioni dalla Sardegna verso Mosca, San Pietroburgo e Kiev ma anche, e soprattutto, nei confronti dell’incoming turistico sardo.

Secondo le ultime rilevazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, su base Istat, in questi ultimi 24 mesi, l’export delle piccole imprese isolane, come alimentari, abbigliamento, articoli in pelle, macchinari e attrezzature, tessile, mobili, legno e sughero, stampati ma anche prodotti chimici e di raffinazione, è crollato di 24 milioni: 22 verso la Russia, 2 verso l’Ucraina.

Il conflitto ucraino-russo, ha avuto un effetto indiretto anche su 30mila imprese sarde e circa 95mila addetti, a causa dei rincari delle materie prime, dell’energia e dei carburanti, come gas, petrolio, grano e alluminio. Il caro-carburanti ha colpito anche il trasporto merci e persone, comprimendo i margini per 2.989 MPI con 10.815 addetti. Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, hanno coinvolto le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni, un perimetro in cui operano 15.477 MPI con 41.189 addetti.

Come detto, la situazione sta mettendo sotto pressione anche il turismo. Pesantissima la situazione a causa del rallentamento dei flussi turistici: dal 2022 sono “scomparsi” dagli hotel, dagli aeroporti, dai ristoranti, dalle spiagge e dai negozi ben 80mila russi equivalenti a 400mila presenze. Il blocco dei vacanzieri dalla Russia, inoltre, ha innescato effetti differenziati sul territorio. Tra le regioni in cui la spesa dei turisti russi, in rapporto all’economia del territorio, è più elevata, figura la Sardegna che conta 10.947 MPI nell’alloggio e ristorazione, che danno lavoro a 40.247 addetti.

Le imprese sarde stanno assorbendo lo shock e, rispetto a due anni fa ci sono anche delle situazioni che stanno migliorando – sottolineano Fabio Mereu e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna la bolla dei prezzi energetici si sta sgonfiando lentamente. Nel 2023 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica è ritornato sul livello medio del 2021, anche se, in Italia, i prezzi al consumo dell’elettricità rimangono di molto superiori ai livelli pre-crisi”. “Non possiamo fare molto per le crisi internazionali – proseguono Mereu e Serrama è necessario attrezzarsi per avere delle soluzioni alternative. Per questo chiediamo una svolta nelle politiche ambientali ed energetiche, puntando sulle fonti alternative e pulite per ridurre i costi a carico delle nostre aziende che, nell’ultimo anno, hanno speso per l’elettricità circa il 60% in più rispetto alla media dei competitor dell’Eurozona e il 31,7% in più per il gas”. “Come fare? – s’interrogano e concludono il Presidente e il Segretario di Confartigianato Sardegnaeliminando la burocrazia e sbloccando gli incentivi, come quelli per favorire l’autoproduzione di energia che sono previsti nei progetti non attuati del Pnrr. Ma la transizione energetica e ambientale si realizza anche con nuove politiche formative, visto che le piccole aziende lamentano la difficoltà a trovare migliaia di lavoratori con un alto profilo di competenze green su quelli ricercati”.

A livello nazionale.

Dopo una caduta del clima di fiducia delle imprese durata oltre sei mesi dopo l’invasione, si è osservato un andamento ciclico caratterizzato da una persistente incertezza. Pesanti le ricadute sui prezzi dell’energia e sul costo del credito, mentre si è fortemente ridotta la dipendenza energetica dalla Russia.

Nel 2023 i prezzi retail dell’energia elettrica e gas sono del 76,0% superiori alla media di due anni prima. A dicembre 2023 i prezzi al consumo di elettricità e gas rimangono del 30,1% superiori a quelli di dicembre 2021.

L’Italia ha fortemente ridotto la dipendenza del gas dalla Russia. A dicembre 2023 il gas in ingresso al Tarvisio, prevalentemente dalla Russia, è crollato del 90,2% rispetto all’import del 2021, con un peso sul totale delle importazioni di gas che nel 2023 scende al 4,6% dal 40,0% del 2021.

Lo shock inflazionistico determinato dai costi energetici ha indotto una stretta monetaria da parte della Banca centrale europea di intensità senza precedenti nella storia dell’euro. Il costo del credito per le imprese in Italia nella media del 2023 è del 4,88%, 357 punti base superiore all’1,31% del 2021. A dicembre 2023 il costo del credito per le imprese italiane è di 420 punti base superiore al livello di fine 2021. Il caro-tassi riduce la domanda di credito: a dicembre 2023 i prestiti alle imprese cedono del 3,7% su base annua mentre due anni prima salivano dell’1,7%.

Lo shock energetico si trasmette sul costo delle materie prime: a dicembre i prezzi alla produzione di beni intermedi, incorporati nella produzione di altri beni, nel 2023 risultano del 17,0% superiori al livello del 2021. I beni intermedi includono, tra gli altri, prodotti chimici, metalli, prodotti in metallo e in legno, apparecchi elettrici, e tessuti. Nel biennio in esame, il trend dei prezzi dei beni intermedi supera quello dei prezzi alla produzione dei beni di consumo (+15,4%) e dei beni intermedi (+12,3%).

La caduta della domanda conseguente alla guerra e le sanzioni hanno pesantemente ridotto le esportazioni dirette verso i due paesi in conflitto. Nel 2023 (ultimi dodici mesi a novembre) l’export verso la Russia è sceso di 2,8 miliardi di euro, pari al 36,5% in meno, rispetto a due anni prima. Anche l’export verso l’Ucraina, seppure molto più contenuto, si è fortemente ridotto, calando di 357 milioni di euro (-17,3%). Complessivamente sui due mercati interessati dal conflitto le vendite del made in Italy sono scese di 3,1 miliardi di euro (-32,4%).