In Sardegna si fa ancora poca innovazione di prodotto e di processo. Infatti solo il 40,1% delle imprese ha investito in attività per creare nuovi beni e servizi o cambiare i metodi di produzione. Il gap verso realtà più virtuose, quindi, limita le realtà sarde nella produttività, ne rallenta la domanda, le pone in una insufficiente posizione competitiva e le rende meno resilienti.

E’ questo ciò che emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat, relativa all’“Innovazione del sistema produttivo”.

Nel dettaglio il 30,9% delle piccole imprese ha introdotto almeno un’innovazione di prodotto nel mentre è più diffusa l’innovazione di processo, rilevata nel 50,2% dei casi

L’Isola occupa il quart’ultimo posto della classifica nazionale, aperta dalle Marche con il 59% delle imprese che ha svolto attività innovative di prodotto e processo, seguite dal Piemonte con il 58,3% e dalla Liguria con il 54,8%. All’ultimo posto il Molise con il 34,2% contro la media nazionale del 50,9%.

L’insufficiente propensione al rinnovamento delle realtà produttive sarde è certificata anche dalla residuale quantità di brevetti depositata presso le Camere di Commercio. Nel 2023 quelli registrati furono solo 7 mentre nell’anno precedente ne risultarono depositati 12, con un calo del -43,26%. In generale, in Italia queste registrazioni sono cresciute passando dalle 4.773 del 2022 alle 4.780 del 2023, con un incremento percentuale dello 0,13%, ovvero + 6 depositi.

Nonostante i grandi passi avanti fatti dalle aziende negli ultimi anni – commenta Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna ci rendiamo conto di quanto sia importante supportare le attività produttive nel loro quotidiano impegno per innovare, rinnovare e ricercare e rendere sempre più performante tutto il sistema economico isolano, anche rispetto ai cambiamenti repentini, come stiamo vedendo in questi giorni, e ai quali dovremo abituarci”. “Non è più il momento di domandarsi se conviene innovare – continua Meloni – la domanda giusta è: quanto costa non farlo? Le aziende che stanno rimandando la transizione tecnologica, per esempio, stanno già pagando il prezzo più alto in termini di competitività. Investire in innovazione non significa solo acquisire nuove tecnologie, ma anche formare personale qualificato e aggiornare le competenze interne”. “Serve una strategia mirata e condivisa per stimolare la cultura dell’innovazione e sostenere le imprese in percorsi di trasformazione anche attraverso incentivi, formazione e politiche di accompagnamento efficaci – conclude il Presidente di Confartigianato Sardegna – mai come oggi innovare significa anche avere una guida affidabile per evitare sprechi e investire nel modo giusto. Le risorse delle imprese sono limitate, e spendere male è un lusso che nessuno può permettersi”.

Infatti, secondo gli studi di Confartigianato, una elevata propensione all’innovazione da parte delle imprese genera diversi effetti positivi sull’economia. L’innovazione di processo determina metodi di produzione più efficienti e un aumento della produttività. L’introduzione di nuovi prodotti e servizi stimola e amplia la domanda, sia interna che sui mercati internazionali. Le imprese che innovano differenziano la gamma produttiva e migliorano la posizione competitiva. Le modifiche dei processi produttivi possono generare nuove opportunità occupazionali, soprattutto in segmenti ad elevata qualificazione. Le imprese innovative sono più attraenti per gli investitori, attivando un flusso di capitali che può stimolare processi di crescita e ulteriori innovazioni. Nuovi prodotti e processi innovativi nei settori della sanità, della tecnologia digitale e dei trasporti portano a miglioramenti nella qualità della vita dei cittadini, riducendo i costi di famiglie e imprese. Le imprese orientate all’innovazione effettuano interventi e pratiche più sostenibili. L’innovazione può spingere alla creazione di nuove filiere produttive, favorendo una maggiore diversificazione dell’offerta, più orientata a prodotti innovativi, e riducendo la dipendenza da comparti più tradizionali. Sui driver di nuova imprenditorialità si veda una nostra analisi su Spirito artigiano. Un sistema di imprese orientato all’innovazione ha un più rapido adattamento ai cambiamenti del mercato e risulta più resiliente nelle fasi cicliche recessive. L’attività di ricerca e di innovazione delle imprese, inoltre, determina un aumento della qualità intrinseca dei prodotti del made in Italy, fenomeno caratterizzato da un migliore design, una più alta qualità delle materie prime e l’introduzione di nuove funzionalità.

Le piccole imprese attente all’ambiente nei percorsi innovativi.

Vi è una diffusa conciliazione tra innovazione e salvaguardia dell’ambiente. Il 37,9% delle piccole imprese che hanno innovato hanno intrapreso azioni a basso impatto ambientale. Nel 33,8% delle piccole imprese l’implementazione di innovazioni si è tradotta in effetti ambientali positivi in fase di produzione e nel 27,1% in benefici ottenuti nella fase di consumo e utilizzazione dei beni e servizi. Gli interventi più frequenti hanno riguardato il minor consumo di energia e la riduzione delle emissioni di CO2. A seguire si collocano la sostituzione di materiali tradizionali con materiali meno inquinanti o pericolosi, la riduzione dell’inquinamento atmosferico, idrico, sonoro e del suolo, riciclaggio dei materiali e dei rifiuti, riciclo dell’acqua e dei prodotti a fine vita. Più limitato è l’impegno nella tutela della biodiversità.