Sono solo 633 le aziende sarde che, nel primo semestre del 2021, hanno piazzato i propri prodotti all’estero. Infatti, appena lo 0,6% delle attività imprenditoriali isolane ha intrapreso rapporti commerciali con l’Europa e il resto del Mondo, vendendo beni per un controvalore di 2miliardi e 500milioni di euro, classificando la Sardegna al quart’ultimo posto in Italia tra le regioni esportatrici.
Sono questi i dati sull’Isola relativi alla graduatoria dell’export regionale, rielaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, contenuti nell’indagine del Centro studi Tagliacarne/Unioncamere, diffusa in occasione dell’incontro “Il digitale a supporto dell’export”.
“I numeri assoluti, e in percentuale, delle aziende sarde che hanno intrapreso la via dell’export sono veramente esigui e ci posizionano in fondo alla classifica – commenta la Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Maria Amelia Lai – per questo è necessario che il sistema imprenditoriale e le Istituzioni lavorino insieme per far crescere sia le i numeri delle realtà che vogliono puntare sui mercati esteri e accrescere il proprio giro d’affari”. “Per far ciò, occorre individuare nuove strategie, e nuove linee di sostegno per supportare la Sardegna che produce e che ha necessità di nuovi orizzonti– continua la Presidente – perché non è più sufficiente che l’Isola abbia solo ottime produzioni e pochi sbocchi: mai come ora è necessario cercare e trovare gli acquirenti attraverso nuove iniziative e nuovi programmi di internazionalizzazione”. “Proseguire questi processi di crescita e difendere il valore del Made in Sardegna – prosegue la Lai – è il binomio per sostenere le MPI isolane. In un mondo in cui i rischi aumentano è fondamentale non arrendersi e andare a intercettare la crescita, continuando a investire su ciò che da sempre sappiamo fare bene: esportare e internazionalizzarci. Noi siamo pronti a fare la nostra parte al fianco delle imprese, soprattutto le più piccole”.
“Le attività imprenditoriali hanno sempre più “fame” di iniziative sull’export – sottolinea il Segretario Regionale, Daniele Serra – e quindi è da apprezzare lo sforzo che ogni singola azienda sta facendo anche sul fronte della formazione. Per affacciarsi sui mercati esteri, infatti occorrono competenze che non tutte le realtà hanno. Speriamo che, passato questo brutto momento di emergenza, con la Regione si possano riprogrammare le attività formative e proporre nuovi bandi sull’internazionalizzazione”.
Tra le imprese esportatrici troviamo sia quelle produttrici di prodotti derivati dalla raffinazione del greggio, quelle dell’industria pesante, della caseificazione ma anche le piccole e medie imprese.
Sono proprio queste ultime che, solo pochi mesi fa fecero brillare l’export delle PMI della Sardegna; infatti, nel primo semestre 2021, registrarono la miglior performance di crescita tra tutte le regioni italiane, superiore anche a quella di Lombardia e Veneto. Con un controvalore di 331 milioni di euro di beni piazzati all’estero e una crescita del +41,7% sul 2020 e del 62,2% sul 2019, la nostra regione risultò, tra gennaio e giugno di quest’anno, la prima in Italia per incremento delle esportazioni prodotti dalle piccole imprese. Tra le categorie di beni che fecero registrare un maggior incremento di vendita rispetto al 2019, ci furono i prodotti metalliferi (+108%) per un controvalore di vendita di 234 milioni di euro e gli alimentari (+14,5%) e un controvalore di 77 milioni di euro. Al contrario, tra i settori in calo, furono i mobili (-43% rispetto al 2019) e il legno (-25%).
Tra le province, sempre nel primo trimestre 2021, e sempre realizzati dalle piccole e medie attività produttive, su Cagliari hanno varcato il mare prodotti per un valore di 172milioni (11 di prodotti alimentari e 156 di prodotti metalliferi), con un incremento del +37% rispetto al 2020 e del 65% rispetto al 2019. Dal Sud Sardegna sono partiti 65 milioni di euro di prodotti (56 metallo e 5 alimentari) con incremento del 46% sul 2020 e 143% sul 2019. Dal Nord Sardegna sono partiti 54 milioni di euro di beni (40milioni di alimentari e 9 di prodotti del legno) con +49% sul 2020 e +7% sul 2019. Da Nuoro sono stati piazzati 23milioni di euro di beni (17 metalliferi e 4 alimentari) con un +72% sul 2020 e + 144% sul 2019. Chiude Oristano con 17 milioni di beni piazzati, la quasi totalità sono prodotti alimentari, con un incremento del 18% sul 2020 e 20% sul 2019.
La graduatoria Centro studi Tagliacarne/Unioncamere dice anche come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano le regine dell’export italiano: vantano infatti più della metà delle imprese esportatrici tricolore e complessivamente il valore delle loro vendite all’estero è pari al 55% del totale Italia. Solo la Campania, tra le regioni meridionali, tallona il gruppo di testa guidato dal Nord e dal Centro, andando a posizionarsi al 6° per numero di imprese esportatrici e all’8° per valore delle vendite estere.
Va alla Lombardia anche il primato per maggior numero di imprese che esportano: 37.740, pari al 30,6% del totale nazionale. A seguire il Veneto con oltre 16 mila aziende (13,1%) e l’Emilia Romagna con più 12 mila (10%). In termini di valore di merce esportata, alle spalle della Lombardia (con più di 65,7 miliardi di euro nel primo semestre 2021, pari al 26,6% del totale nazionale), l’Emilia Romagna (con 35,2 miliardi; 14,3%) “ruba” il posto al Veneto (33,9 miliardi; 13,8%). Il minor numero di imprese che vendono all’estero si trova invece in Valle d’Aosta, Molise e la Basilicata, mentre in termini di valore dell’export l’ultimo posto è occupato dalla Calabria, preceduta dalla Valle d’Aosta, dal Molise e, al quart’ultimo posto, dalla Sardegna.
Considerando invece l’incidenza delle imprese esportatrici sul totale regionale la classifica cambia leggermente: ai primi posti si collocano comunque Lombardia (4,8%) e Veneto (4,3%), seguite però dalla Toscana (3,9%) e dalle Marche (3,6%).