La prospettiva di una seconda, e si spera ultima, settimana in zona rossa e quindi di chiusura totale, preoccupa parrucchieri, estetisti e operatori dei tatuaggi, manicure e pedicure in ogni angolo di Sardegna. In più i “ristori”, se arrivano, sono pochi e insufficienti.
“Alla fine le categorie che stanno pagando questa terza ondata si possono contare sulle dita di una mano – commenta Tonio Pani, Presidente del Settore Benessere di Confartigianato Sud Sardegna – e i sacrifici che, a senso unico, stanno facendo gli operatori del benessere della persona, insieme alle altre categorie maggiormente colpite, non bastano più”. “E’ una situazione veramente pesante – continua Pani – per questo nei giorni scorsi, attraverso una nostra delegazione Nazionale, ci siamo rivolti al Governo, in un incontro organizzato con la Ministra per gli Affari Regionali e Autonomie, Mariastella Gelmini, per chiedere la riapertura, prima possibile, di queste attività e l’adeguamento dei “sostegni”. Perché servono sostegni veri, non spiccioli, quando e se arrivano. Le attività lavorano in sicurezza e devono riaprire prima possibile”.
I numeri del sistema della cura alla persona della Sardegna parla di 3.384 imprese del settore, ben 2.886 artigiane, che offrono servizi di acconciatura, manicure, pedicure e trattamenti estetici grazie anche ai 5.124 addetti.
Secondo una recente l’elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, il settore dei servizi alla persona nell’Isola ha un giro d’affari annuo di circa 523 milioni di euro pari all’3% dell’ammontare della spesa per prodotti non alimentari. Infatti, la spesa media mensile delle famiglie sarde per servizi di parrucchiere e trattamenti di bellezza è di 61 euro al mese, equivalenti a 732 euro all’anno.
Le richieste della categoria presentate alla Ministra sono state quelle di autorizzare le imprese di acconciatura ed estetica ad aprire nelle zone rosse, massima determinazione nella lotta all’abusivismo dilagante, aumentare le risorse per i contributi a fondo perduto e rivedere i criteri di assegnazione per evitare discriminazioni.
Confartigianato Benessere ha ricordato alla Rappresentante del Governo come le imprese del settore abbiano sempre assicurato la rigorosa osservanza dei protocolli igienico-sanitari e non è un caso che saloni di acconciatura e centri estetici non abbiano rappresentato fonte di contagio. E’ stato anche ricordato come l’organizzazione e le modalità di svolgimento dei servizi di acconciatura ed estetica, inoltre, in virtù del sistema di prenotazione adottato, non provochino assembramenti.
“Al contrario – ricorda il Presidente del Settore Benessere di Confartigianato Sud Sardegna – la chiusura delle attività in zona rossa alimenta la piaga dell’abusivismo generando gravi danni economici alle imprese regolari già stremate dalla crisi e favorendo la diffusione dei contagi in quanto sono ignorati i protocolli e le misure di sicurezza”.“Ricordiamo che la Sardegna si caratterizza per una diffusione di piccole imprese, spesso a conduzione familiare – prosegue Pani – e quindi ogni volta che una serranda viene abbassata e una bottega di un artigiano viene chiusa, questo significa che quella famiglia che vive su quel reddito, entra nella fascia di povertà”.
Confartigianato Benessere ha inoltre chiesto al Governo anche di modificare i criteri previsti nel Decreto sostegni per l’erogazione dei contributi a fondo perduto.
Dall’analisi sulla contabilità delle imprese associate, infatti, emerge come il 94% delle attività di acconciatura ed estetica abbia accusato l’anno scorso una perdita media del fatturato del 25%.
“Con la soglia del 30% del calo dei ricavi – sottolinea il Presidente di Confartigianato Benessere Sud Sardegna – soltanto 28 imprese su 100 potranno accedere al contributo, una evidente discriminazione nei confronti di migliaia di imprese. Ampliare la platea dei beneficiari e incrementare la dotazione di risorse per gli indennizzi rappresentano l’unica risposta allo stato di incertezza e di malessere delle imprese e per scongiurare la condanna a morte di molte attività”.
“Molte aziende rischiano di chiudere e di non riaprire più – conclude Pani – è evidente che da questo momento in poi occorreranno misure in grado di mettere in sicurezza le imprese. Chiediamo quindi a chi ci governa, sia a livello regionale sia a livello nazionale, una sola cosa: la chiarezza dei comportamenti e la certezza delle azioni perché abbiamo bisogno, nel momento in cui ci viene chiesto di chiudere le nostre attività e di non incassare un euro per altre settimane, di costruire un sistema di protezione reale per il nostro tessuto economico.”