Le imprese e la dirigenza di Confartigianato Sud Sardegna esprimono forte preoccupazione per le conseguenze socio-economiche che il costo dell’energia, privo di un serio controllo da parte del Governo, avrà su un territorio già provato come quello del Sulcis, che conta 9745 imprese, di cui 343 solo a Portoscuso, e offre lavoro a circa 50mila persone, tra diretti e indotto.
“Se i 400 dipendenti diretti del polo di Portovesme rischiano di rimanere a casa, alcune decine di imprese di fornitura indiretta potrebbero dover chiudere per sempre la loro attività, con un gravissimo rimbalzo negativo sull’occupazione e sull’economia del territorio – affermano Fabio Mereu e Pietro Paolo Spada, Presidente e Segretario di Confartigianato Sud Sardegna – e questo non è che il primo esempio di una situazione che rischia di sfuggirci di mano e di vanificare una parte rilevante della ripresa economica, che peraltro in Sardegna abbiamo fino a questo momento visto solo in parte”.
Secondo le analisi effettuate dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, nel 2021, con una media fatta al 20 settembre, il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica è salito del 138% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, risultando così superiore del 58% rispetto al 2019. Il prezzo del gas è salito del 228% rispetto ad un anno prima e del 78% rispetto al 2019. In salita anche i prezzi dei carburanti: dei primi nove mesi del 2021 il gasolio per autotrazione ha una quotazione, tasse escluse, del 25,5% superiore allo stesso periodo del 2020, mentre è in linea (+2,1%) con le quotazioni del 2019. Da settembre, in ogni caso, il costo dell’energia e dei carburanti è continuato a crescere.
Per tutti questi fattori, l’escalation dei prezzi sta aggravando le condizioni di minore competitività delle imprese italiane e quindi anche di quelle del Sulcis.
Come evidenziato da recenti analisi di Confartigianato, il costo per l’energia elettrica per le micro e piccole imprese (MPI) italiane che consumano fino a 20 MWh è il più il elevato in Ue, con un divario del 18,1% rispetto ai prezzi medi europei. Sui costi delle imprese grava una più alta tassazione dell’energia, che in Italia è pari al 2,7% del PIL, 0,9 punti superiore all’1,8% della media Ue. Sul gap di prezzo dell’energia elettrica influiscono gli oneri fiscali e parafiscali che, per imprese con consumi fino a 20 MWh, sono maggiori del 36,2% rispetto a quelli applicati nella media dei Paesi dell’Eurozona. I 12,1 miliardi di euro di oneri generali rilevati nell’Ultima relazione dell’Arera pesano lo 0,7% del PIL. L’intervento di sterilizzazione in cantiere dovrà tenere conto dello squilibrio del prelievo per oneri generali sull’energia elettrica: i clienti non domestici di bassa tensione, a cui si riferisce il 24,5% dell’energia prelevata, pagano il 33,2% degli oneri generali, risultando il segmento maggiormente penalizzato.
“Gli aumenti vanno bloccati sia per le imprese sia per le famiglie e va ridotto il peso della componente fiscale sulla bolletta elettrica delle piccole imprese – sottolineano Mereu e Spada – è una situazione molto delicata che sta costringendo i piccoli imprenditori a caricarsi i costi degli altri utenti”. “Il Decreto Sostegno bis ha avviato una riduzione degli oneri generali di sistema nelle bollette delle piccole imprese – concludono Presidente e Segretario di Confartigianato Sud Sardegna – ora attendiamo di vederne gli effetti per far calare il costo dell’energia che compromette la competitività delle nostre aziende e ostacola gli sforzi per agganciare la ripresa. In ogni caso, il meccanismo degli oneri generali di sistema va completamente ripensato, da un lato ripartendo in modo più equo il peso degli oneri tra le diverse dimensioni d’azienda, dall’altro spostando parte del peso dalla bolletta alla fiscalità generale”.