L’incertezza per dazi e le tensioni geopolitiche mandano in crisi anche la moda made in Sardegna.

Nell’Isola, infatti, il settore soffre ancora per il ritardo nella ripresa post-Covid. La domanda mondiale debole, infatti, sta influendo negativamente anche sulle 338 micro e piccole imprese, di cui 268 artigiane (il 79,3%), che operano in Sardegna nei settori tessile, abbigliamento, calzatura, sartoria, occhialeria, gioielleria e componenti del prodotto moda e quindi su stilisti, sarti, produttori e designer di abiti, calzature e accessori d’abbigliamento. Solo 6 anni fa le attività sarde del settore erano circa 400. Del totale delle attività produttive artigiane di oggi, 105 sono dell’abbigliamento, 122 del tessile e 41 della lavorazione della pelle, con 539 addetti artigiani sui 798 complessivi nel settore.

Sono questi i numeri più recenti, elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna nel dossier “Il ritardo della ripresa della Moda nell’Isola”, su dati ISTAT, che confermano la vocazione artigiana del comparto.

A Cagliari le piccole imprese del settore sono 95 con 299 addetti, nel Sud Sardegna 41 con 64 dipendenti, a Oristano 36 per 82 lavoratori, nel nuorese 60 realtà per 84 impiegati e nel nord Sardegna 106 realtà con 269 addetti.

La moda rappresenta uno dei simboli più riconosciuti del Made in Italy nel panorama internazionale ed è il punto di forza della tradizione artigianale sarda e italiana – dichiara Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegnale creazioni sartoriali, caratterizzate da tagli impeccabili, materiali pregiati e accessori personalizzati, sono autentiche opere d’arte che il mondo ci ammira e ci invidia”. “Il sistema moda – continua Meloninon è solo grandi firme, ma è anche una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. La sartoria artigianale nonostante, o forse grazie alla crisi, è un settore ancora vivace, ed il sarto è una professione “a tutto tondo” riscoperta da giovani e meno giovani, specie donne, che vogliono distinguersi”. “La ricetta vincente – prosegue – è dunque presentarsi sul mercato con creatività e qualità. Lo spazio c’è. Oggi sappiamo che tra le professioni più richieste ci sono quelle di sarta modellista, professionalità importanti in cui la disponibilità è ancora superiore all’offerta”.

In Italia nel settore sono attive 79mila imprese, di cui 40mila artigiane, con 446mila addetti per 62.3 miliardi di made in Italy nel Mondo. Le0 40mila imprese artigiane attive danno lavoro a 139 mila addetti, pari al 30,6% dell’occupazione della moda. Nello specifico nella sartoria (confezionamento su misura di abbigliamento) sono attive 13.778 imprese (11.114 artigiane) che danno lavoro a 16mila addetti, per un fatturato di 1,5 miliardi.

Nel settore rimangono difficili da reperire il 72,4% dei sarti, dei tagliatori artigianali, dei modellisti e dei cappellai. Tale condizione è data per il 38.8% dal ridotto numero dei candidati e per il 25.4% per l’inadeguatezza di chi si propone.

Nella ricerca degli addetti influisce per il 29,2% la capacità di applicare tecnologie digitali e per il 48,2% la capacità di gestire prodotti e tecnologie green. Solo il 7,2% delle imprese utilizza nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale.

Il comparto del TAC (tessile, abbigliamento e calzature) vive da tempo una fase complicata, peggiorata ulteriormente negli ultimi mesi – evidenzia il Presidentetra le criticità più sentite dalle imprese ci sono l’alto costo del lavoro, la diminuzione degli ordini, il caro energia e l’aumento dei prezzi delle materie prime. Nonostante tutto, molte realtà artigiane continuano a guardare al futuro con fiducia, investendo in promozione e cercando nuove opportunità di mercato”.

Un altro elemento critico è la frammentazione delle commesse, unita all’incertezza nella pianificazione, che sta generando un circolo vizioso pericoloso e che richiede risposte urgenti – conclude Melonisono necessari interventi strutturali per rilanciare questo settore d’eccellenza del Made in Italy, a forte connotazione artigiana. Occorrono politiche per stimolare i consumi interni della moda italiana e per aiutare le imprese a rafforzare la loro presenza nei mercati esteri, attraverso una visione di filiera. Le nostre aziende hanno bisogno di misure concrete di sostegno, come la decontribuzione, per affrontare le sfide legate a ricerca, innovazione digitale e formazione del personale”.

Per affrontare questa crisi senza precedenti, Confartigianato, a livello nazionale, ha proposto di costruire un sistema che premi la legalità e la sostenibilità delle filiere produttive senza penalizzare le imprese più fragili del tessuto economico.

Secondo l’Associazione Artigiana, è fondamentale garantire trasparenza e tracciabilità lungo tutta la filiera, attraverso una mappatura accurata delle capacità produttive e delle organizzazioni operative dei fornitori, una giusta remunerazione delle commesse e un sistema di controlli proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche delle imprese.

Il sistema moda – continua Meloninon è solo grandi firme, ma è anche una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. La sartoria artigianale nonostante, o forse grazie alla crisi, è un settore ancora vivace, ed il sarto è una professione “a tutto tondo” riscoperta da giovani e meno giovani, specie donne, che vogliono distinguersi”. “La ricetta vincente è dunque presentarsi sul mercato con creatività e qualità. Lo spazio c’è. Oggi sappiamo che tra le professioni più richieste ci sono quelle di sarta modellista, professionalità importanti in cui la disponibilità è ancora superiore all’offerta –conclude il Presidentema ogni crisi va affrontata investendo, per farsi trovare pronti quando arriverà la ripartenza. La strategia? Valorizzare la creatività, le competenze e mantenendo alta la percezione e la fiducia nel made in Italy e nei nostri marchi. In un contesto in cui abbiamo perso il mercato russo ed è rallentata la domanda in altri mercati chiave, gli Usa erano diventati il motore trainante della ripresa post-pandemica del lusso. Si sta delineando una nuova realtà che deve essere trasformata in uno scenario di opportunità in cui creatività, qualità e tracciabilità – ossia autenticità – faranno la differenza, soprattutto nei confronti di altri Paesi-hub produttivi. Ciò impone di investire per essere più agili, lavorare in filiera, realizzare economie di scala anche nella logistica”.

ANALISI NAZIONALE

L’analisi congiunturale del settore contenuta nel documento presentato al tavolo moda al MIMIT sottolinea come una minore domanda estera determinata dalle politiche protezionistiche amplifica la persistente flessione della produzione della moda, che nei primi cinque mesi del 2025 scende dell’8,0% a fronte di un calo medio del 2,1% della manifattura. Sulla base dell’andamento dell’indice mensile del fatturato dell’Istat, nel 2024 le imprese della moda hanno perso ricavi per 8,7 miliardi di euro su base annua e si stima che nei primi quattro mesi del 2025 continuano a perdere fatturato per 11 milioni di euro al giorno. A giugno 2025 peggiorano le attese sugli ordini delle imprese della moda, con un saldo di -5,3 (era -3,5 a maggio), più accentuato per tessile (-8,1) e pelle (-6,8). Sul mercato retail, nei primi cinque mesi del 2024 le vendite al dettaglio dei prodotti moda scendono dell’1,2%, invertendo il segno rispetto al +0,4% del 2024. L’occupazione nel comparto della moda nel 2025 (ultimi dodici mesi a marzo) registra un calo del 5,6%, con una accentuazione nel primo trimestre dell’anno (-9,1% rispetto al primo trimestre del 2024). Una debole domanda ed un elevato costo del denaro pesano sul calo dei prestiti che a maggio 2025 nel settore moda cedono dell’8,8% su base annua (era -8,7% ad aprile) a fronte del -3,1% della media della manifattura, risultando la peggiore performance tra tutti i settori dell’economia italiana.