Resistono le imprese ma crolla l’export.

E’ una fotografia in chiaroscuro, quella scattata al lapideo sardo da Confartigianato Imprese Sardegna, settore che nei decenni ha contribuito a sostenere l’economia regionale e a far conoscere le produzioni isolane di qualità nel Mondo come avvenuto quando vie, piazze e palazzi di Manhattan, Dubai e Shangai venivano lastricate di marmo di Orosei, granito di Buddusò o basalto della provincia di Oristano.

I dati, rilevati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna (fonte Istat 2023-2024), descrivono un comparto regionale di 416 imprese, che danno lavoro a 1.522 addetti. All’interno di questi numeri le realtà artigiane sono 182 con 692 dipendenti.

L’analisi, in ogni caso, ha anche registrato la preoccupante frenata dell’export, derivata anche dal fatto che le pietre, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono vendute a società della Penisola come “materia prima” che, in un secondo tempo, viene trasformata in semilavorati o in prodotti finiti. Nel 2024 il controvalore delle esportazioni di pietre tagliate, modellate e finite made in Sardegna e venduto direttamente all’estero ha toccato i 23milioni e 346mila euro, numeri in calo del 39% rispetto al 2023.

Un settore che, da anni, affronta grandi difficoltà con un futuro che si presenta come un grosso punto interrogativo, anche a causa del clima di instabilità che si respira a livello internazionale del quale il comparto non può che risentire, poiché fortemente caratterizzato da una pesante dipendenza dai mercati esteri.

Solo una piccola parte del fatturato, che interessa gran parte delle micro imprese del settore, proviene dal mercato interno – commenta Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna la maggior parte del lavoro arriva dall’estero e c’è preoccupazione per i segnali d’incertezza e di flessione che vengono da alcune realtà importanti”. “Non dimentichiamoci, per questo – aggiunge Meloni – della difficile situazione delle esportazioni verso la Russia e, ora, i dazi americani solo in parte compensati dai nuovi mercati del Golfo”. “Dopo la difficoltosa ripartenza dopo la crisi del 2009 – rimarca il Presidente – ci ritroviamo nel mezzo a una nuova bufera che sta coinvolgendo l’Europa, l’America e il medio e vicino Oriente. Auspicavamo una ripresa ma, evidentemente, dobbiamo ancora attendere”.

A livello territoriale, la provincia sarda che conta il maggior numero di imprese artigiane di lapidei (185 di cui 69 artigiane) è Sassari, seguita da Nuoro (103 di cui 58 artigiane), Cagliari (87 di cui 36 artigiane) e Oristano (41 di cui 19 artigiane). Sul fronte degli addetti, tra estrazione e trasformazione, quella che impiega più personale è sempre Sassari con 499 di cui 221 artigiani, seguita da Nuoro con 373 di cui 160 artigiani, Cagliari con 299 di cui 75 artigiani, Oristano con 186 di cui 100 artigiani e Sud Sardegna con 166 di cui 135 artigiani.

Sulle aziende pesano anche gli scarsi appalti pubblici.

Non è una novità che questi siano sempre più rarefatti e complessi– continua Meloni dovuti, probabilmente, anche a causa delle incertezze applicative del codice degli appalti. Una fonte importante di sostentamento potrebbe, per esempio, arrivare dalla riqualificazione dei centri storici con i fondi PNRR”.

Però una soluzione, anche se non immediata, alla crisi, potrebbe venire dalla “crescita imprenditoriale” delle imprese de la loro mettersi in rete. “La tendenza – riprende Meloniè sempre più quella di far crescere le aziende per specializzarle non solo nell’estrazione ma anche nella trasformazione della materia prima in modo da valorizzarla”. “Ottimi esempi di arrivano, per esempio, dalla Toscana – conclude – le imprese si sono consorziate e hanno investito per iniziare la trasformazione del marmo producendo lastre e semilavorati, riuscendo così riesce a trattenere una maggiore ricchezza sul territorio. Anche in Sardegna dovremmo fare questo”.

L’analisi nazionale delle imprese del marmo

Il quadro del settore rivela che a fine 2024 sono registrate 8.444 imprese del marmo – perimetrazione incentrata sulle attività del mestiere del marmista definito dal Sistema Imprese Confartigianato – di cui 3.401 sono imprese artigiane, pari al 40,3%, con un fatturato stimato per il 2024 di 6,5 miliardi di euro. Nel dettaglio, 2.731 imprese operano nella estrazione di pietra, sabbia e argilla, di cui il 15% sono 410 imprese artigiane, e generano 2,9 miliardi di euro di fatturato; la trasformazione del materiale estratto viene effettuata da 5.713 imprese impegnate nel taglio, modellatura e finitura non artistica di pietre, che sono per il 52,4% rappresentate da 2.991 imprese artigiane, con un fatturato di 3,6 miliardi di euro.

Allargando lo sguardo ai settori di riferimento del mestiere del marmista, cioè estrazione e lavorazione di marmo e pietre, stavolta comprese quella artistica, gli addetti sono 42.985 di cui 17.535 in imprese artigiane, pari al 40,8%. A livello regionale primeggiano il Veneto con 6.046 addetti, la Lombardia con 5.347 e la Toscana con 5.207 e sono nell’artigianato almeno la metà degli addetti in Calabria (55,4%), Liguria (54,0%), Piemonte (53,2%) e Basilicata (52,7%). In chiave di specializzazione, a fronte di un peso medio degli addetti di estrazione e lavorazione di marmo e pietre sull’occupazione delle imprese non agricole pari allo 0,2%, si segnala una importanza nettamente maggiore nelle province di: Massa-Carrara (4,4%), Verbano-Cusio-Ossola (1,5%), Lucca (1,3%), Nuoro (1,1%), Trapani (1,1%), Barletta-Andria-Trani (1,0%) e Verona (0,8%).

Nel dettaglio le attività estrattive contano 11.713 addetti, di cui 1.474 nell’artigianato (12,6%) mentre le lavorazioni contano 31.272 addetti, di cui 16.061 nell’artigianato (51,4%). In termini economici, risulta rilevante l’apporto delle micro e piccole imprese che generano il 79,0% del fatturato e le esportazioni ammontano a 2,3 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi in pietre tagliate, modellate e finite e 0,6 miliardi in pietra, sabbia e argilla.