In Sardegna le abitazioni sono ancora troppo vecchie, in cattive condizioni di salute e, tante, disabitate.
Nell’Isola ci sono 1.034.609 case per uso civile abitativo di cui solo 722.186 sono occupate da almeno una persona, il 69,8%. Al contrario, ben 312.423 unità, risultano disabitate, come quelle dei piccoli centri in via di spopolamento, o utilizzate come seconde case per le vacanze. Nella classifica delle abitazioni occupate l’Isola si piazza al 10° posto in Italia: al primo posto il Lazio con 80,5% mentre all’ultimo c’è la Valle d’Aosta con 44%, contro una media nazionale del 72,8%.
E’ questo ciò che emerge dall’analisi effettuata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, sulla “Consistenza e stato del parco immobiliare isolano”, esaminando i dati 2024 di ENEA, Siape e Istat.
L’analisi sulla “salute” per parco immobiliare a uso abitativo, dice anche come gli edifici totali, come case unifamiliari, ville, villette, case a schiera, palazzine, condomini anche con attività economiche al piano strada, siano complessivamente oltre 500mila. Più di 300mila sono stati costruiti prima del 1980 mentre quasi 200mila sono successivi a questa data. Del totale delle oltre 700mila abitazioni occupate in Sardegna, il 61,3%, 442.700 unità, è stato edificato prima del 1980. Le più vecchie d’Italia si trovano in Liguria, con l’82,8% delle case costruite più di 40 anni fa: la Sardegna occupa il 19esimo posto. Quelle più “giovani” si trovano in Veneto con il 58.7% edificate ante 1980 contro una media nazionale di case vecchie del 68%.
Gli interventi sulla casa per l’attuazione della Direttiva Green degli edifici, che prevede una riduzione del consumo energetico di quelli residenziali di almeno il 16% entro il 2030, del 20-22% entro il 2035, fino a emissioni zero nel 2050, interesseranno nell’Isola due terzi delle abitazioni occupate e costruite entro il 1980, prima dello sviluppo della legislazione sul risparmio energetico degli edifici. Il raggiungimento degli obiettivi avrebbe il duplice vantaggio di consentire l’abbattimento degli oneri e quindi dei costi in bolletta per imprese e famiglie.
“La vetustà del patrimonio edilizio sardo è uno degli ostacoli principali nella transizione verso un’edilizia sostenibile – commenta Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – siamo una regione, come tutto il resto d’Italia, con case vecchie e poco efficienti”. “Per ovviare a questa situazione non c’è tempo da perdere – continua il Presidente – quindi vanno messi subito in campo interventi a sostegno della riqualificazione degli immobili con l’obiettivo, indicato dalla Direttiva UE. Per garantire la transizione green degli edifici bisogna almeno rendere stabili e permanenti le detrazioni fiscali al 65%”. “Un intervento che limitasse la detraibilità per le abitazioni diverse dalla prima casa e/o per i redditi più alti – aggiunge- porterebbe ad una forte compressione della domanda incentivata, allontanando l’Italia dagli obiettivi europei di efficienza energetica”.
Secondo studi recenti, nel Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNIEC) si indica che dal meccanismo delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione degli edifici è atteso un risparmio di 32,5 Mtep di energia finale in valore cumulato nel decennio 2021-2030, pari al 44,3% del risparmio da conseguire rispetto agli obiettivi di risparmio d’energia per il 2030 fissati dalla Direttiva europea sull’efficienza energetica (EED) entrata in vigore nell’ottobre 2023.
Per Confartigianato, la limitazione alle detrazioni fiscali per l’edilizia attenua il contrasto di interessi e rischia di aumentare il sommerso, invertendo il trend di riduzione degli ultimi anni. Secondo l’ultima ricognizione sull’economia non osservata pubblicata lo scorso 18 ottobre, l’Istat indica una forte riduzione del sommerso nelle Costruzioni. A fronte di una stabilità dell’incidenza del sommerso sul complesso del valore aggiunto (10,1% sia nel 2022 sia nel 2021), per le Costruzioni si riscontra un calo del peso del sommerso di 0,8 punti percentuali. Anche nel più lungo periodo (2019-2022), caratterizzato da un ciclo espansivo dell’attività edilizia, il comparto delle Costruzioni è quello che riduce maggiormente il peso del valore aggiunto del sommerso, con una flessione di 3,4 punti a fronte del calo medio di 0,8 punti del totale economia.
Secondo i dati più recenti sullo “stato degli immobili” risulta come il 17% del totale degli immobili sardi versi in pessime o cattive condizioni, mentre la media nazionale è del 16,8%. Le case più vecchie e malandate si trovano a Sassari (il 19% sono in condizioni pessime o mediocri); segue l’Ogliastra con il 18,1%, Oristano con 17,9%, Medio Campidano con il 17,8%, Cagliari con il 16,8%, Carbonia-Iglesias con il 16,5%. Le più nuove sono a Olbia-Tempio con una percentuale di anzianità solo del 13,9%.
Inoltre, l’analisi dice anche che in Sardegna ci sono anche 17.954 uffici pubblici che occupano oltre 2 milioni di metri quadrati di superficie.
Dal report emerge anche la difficoltà ad analizzare le classi energetiche degli immobili sardi attraverso l’APE, Attestazione di Prestazione Energetica, in quanto la Sardegna è l’unica regione in Italia a non aver attivato ancora il Portale SIAPE. L’attestato di prestazione energetica (APE), infatti, “è obbligatorio per gli immobili di nuova costruzione; in caso di compravendita o nuova locazione di immobili esistenti, per eseguire lavori di ristrutturazione importanti o riqualificazione energetica, negli annunci immobiliari. Da ottobre 2015 l’APE ha un formato standard su tutto il territorio nazionale”.
“La mancanza del “catasto energetico” – sottolinea Meloni – potrebbe portare una serie di problemi, alle Amministrazioni, alle imprese e ai cittadini, nel momento in cui la Direttiva Europea sulle case green entrerà nella sua piena operatività anche attraverso la messa a disposizione di, si spera ingenti, fondi per riqualificare il patrimonio edilizio nazionale e, quindi, anche regionale”.
“A seguito di interlocuzioni avute con l’Assessorato Regionale dell’Industria, abbiamo avuto rassicurazioni su come il Portale sarà attivo e disponibile dall’inizio del prossimo Gennaio – prosegue il Presidente di Confartigianato Sardegna – ciò consentirà alle Amministrazioni, ai tecnici, alle imprese e ai cittadini, di operare nel più corretto possibile rispettando i dettati dell’Unione Europea”.
Tra tutte le altre regioni italiane attive nel “Catasto energetico”, gli immobili del Lazio sono tra quelli più “inquinanti”: il 65,6% del patrimonio immobiliare è in classe energetica F e G. La regione più virtuosa è la Lombardia con sono i 41,2% degli immobili nelle fasce energetiche più dispendiose, contro la media nazionale del 51,8%.
A fine 2023, la metà (51,8%) degli immobili è nelle classi energetiche meno efficienti F e G e si va dal 63,4% del Centro al 45,4% del Nord-Ovest.
A livello regionale gli immobili meno efficienti sono almeno 4 su 10 del totale; in particolare si tratta di almeno 6 edifici su 10 in Lazio 65,6%, Liguria 63,3 %, Toscana 62,2 %, Umbria 61,7 %, Molise 61,5 % e Puglia 60,1% mentre la regione più virtuosa è la Lombardia con il 41,2%. Si segnala il miglioramento del valore medio pesato dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile che scende a 185,4 kWh/m anno da 197,7 del 2019.
In conclusione, secondo Giacomo Meloni “è fondamentale che l’Europa permetta ai singoli Stati di seguire percorsi di sostenibilità, lasciando a ciascuno il compito di adottare le misure nazionali più idonee per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. Per attuare quanto previsto dalla direttiva europea, sono essenziali investimenti pubblici, che dovrebbero essere esclusi dai vincoli di bilancio e, idealmente, integrati in un autentico “green recovery plan” a livello europeo. Gli obiettivi di riduzione del 16% dei consumi entro il 2023 e di azzeramento delle emissioni entro il 2050 appaiono molto ambiziosi. Per renderli raggiungibili, le regole fiscali europee dovrebbero considerare gli interventi degli Stati a favore dell’efficienza energetica degli edifici, poiché politiche fiscali troppo restrittive rischierebbero di ostacolare il raggiungimento dei target ambientali. Un sistema di incentivi stabili e prevedibili è necessario per offrire sicurezza alle famiglie e alle imprese, superando l’era frammentata del superbonus e passando a una fase più ordinata, definita da un “climabonus” strutturato”.