Sono quasi 16 i milioni di metri quadrati che, sui tetti dei capannoni artigianali e industriali della Sardegna, potrebbero essere usati per l’installazione di pannelli fotovoltaici e per produrre energia rinnovabile senza consumare terreni utili alle produzioni. La superficie, grande come 2.212 campi da calcio, se venisse sfruttata in modo ottimale, ovvero al 65%, avrebbe una potenza installabile di 1.284 MW pari ad una produzione di 1.904 GWh, che porterebbe a soddisfare il 55% dei consumi elettrici del settore produttivo sardo, passando da un peso del 26% delle rinnovabili sulla produzione elettrica sarda a un peso del 40%. Gli investimenti sarebbero pari a 23 milioni di euro all’anno e i posti di lavoro creati sarebbero 8.748 in fase di costruzione e installazione e 357 a regime per gestioni e manutenzioni.

E’ questo, in sintesi, ciò che è emerso stamattina dalla presentazione dello studio di Confartigianato Imprese Sardegna, realizzato in collaborazione con la società SmartLand, dal titolo “Potenzialità dell’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni nelle aree produttive presenti in Sardegna”, in occasione di una iniziativa regionale svoltasi a Cagliari e organizzata per la “Settimana per l’Energia e la Sostenibilità di Confartigianato Imprese Sostenibili”, alla quale hanno partecipato Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Paolo Truzzu, Sindaco di Cagliari e della Città Metropolitana, Federico Della Puppa, analista di Smartland, Fabrizio Pilo, Prorettore per il territorio dell’Università di Cagliari, e Marco Naseddu, del Centro Regionale di Programmazione della RAS.

La nostra è una idea seria, concreta, innovativa e ambiziosa per offrire soluzioni alle imprese per non farle più dipendere dalle oscillazioni del mercato – ha affermato Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Sardegna significherebbe anche coprire il fabbisogno energetico delle attività produttive e raggiungere l’autonomia energetica; conti alla mano le nostre aziende potrebbero migliorare la loro competitività”. “Inoltre – ha aggiunto la Presidente – ricoprire i tetti dei capannoni industriali e artigianali con sistemi fotovoltaici per produrre energia avrebbe anche il risvolto positivo di non dover consumare suolo: installando i pannelli sulle sommità di edifici già esistenti si eviterebbe infatti di creare campi fotovoltaici su terreni agricoli o comunque non edificati, a tutto beneficio delle zone verdi”. “Senza energia – ha proseguito la Lai non si produce, non si può essere competitivi. E per essere competitive le imprese non possono subire i continui aumenti dei costi energetici. Dobbiamo ridurre la dipendenza per l’approvvigionamento e puntare sulle fonti alternative e pulite. In questo, serve uno scatto e un impegno convinto e concreto anche da parte della politica”. Siamo pronti a presentare e proporre questo studio ai decisori politici e alle Istituzioni – ha sottolineato – anche per individuare strumenti di finanza sostenibile per realizzare, almeno in parte, questo obiettivo”. Sin da subito abbiamo accettato la sfida di guidare le imprese sarde verso la transizione green – ha rimarcato la Lai infatti cresce il numero dei piccoli imprenditori già impegnati a ridurre l’impatto energetico delle proprie attività ma questi sforzi dovranno essere accompagnati da politiche e interventi orientati ad affrontare la transizione energetica e ambientale. Inoltre, bisogna ridurre drasticamente la burocrazia che, ad esempio, ostacola l’installazione di impianti rinnovabili per imprese e privati ed è necessario sbloccare gli incentivi, come quelli per favorire l’autoproduzione di energia”. “Non bastano più i piccoli gesti – ha aggiunto Daniele Serra, Segretario Regionale di Confartigianato Sardegnastiamo arrivando ad un punto di non ritorno. Dobbiamo impegnarci per raggiungere l’autonomia energetica per non essere costretti a subire politiche energetiche esterne”. “Le imprese artigiane – per il Segretario – devono sapersi adeguare al cambiamento e avranno un ruolo decisivo, ad esempio nella riqualificazione energetica, con tutta la filiera delle costruzioni, ma anche nella manutenzione dei mezzi di trasporto elettrici”.

“L’inclinazione dei sardi verso il fotovoltaico va sostenuta con interventi strutturali pensati per le imprese e utilizzo dei fondi del Pnrr deve essere ripensato in quest’ottica, altrimenti rischiamo di perdere un’opportunità straordinaria – ha concluso la Presidente Laipensare al futuro delle imprese e del Paese significa anche realizzare la transizione green”.

Secondo Paolo Truzzu, Sindaco di Cagliari e Metropolitano, “sulla transizione energetica è necessario lavorare a una pianificazione complessiva che vada a incidere sull’1% di quei territori già compromessi. La transizione deve essere un vantaggio sia per le singole imprese e per le famiglie con l’obiettivo di avere di abbattere i costi energetici. Infine è necessario far si che sia il Sistema a sostenere le attività produttive che vogliono investire nei sistemi di energia alternativa”.

Per Fabrizio Pilo, Prorettore per il territorio dell’Università di Cagliari “la transizione energetica è un cambiamento epocale che dobbiamo gestire, all’interno di una situazione nella quale non fare nulla ci costerebbe molto di più rispetto a compiere delle azioni. Il fotovoltaico fa parte di quel miglioramento tecnologico ma rimane il problema di come accumulare l’energia prodotta e di renderla disponibile per giorni, mesi e anni. L’auspicio è che la Sardegna possa raggiungere gli obiettivi della sostenibilità energetica molto prima del 2025, come richiesto dall’Unione Europea; questo si potrà realizzare con la collaborazione tra Università, Istituzioni, Enti Pubblici e Imprese”.

Degli incentivi che arriveranno attraverso il FESR ha parlato Marco Naseddu, del Centro Regionale di Programmazione della RAS: “Sulla transizione energetica abbiamo 261 milioni di euro di cui 195 per promuovere le misure di efficienza energetica, 53 per promuovere la produzione di energie rinnovabili e 12 per sviluppare sistemi, reti e impianti di stoccaggio energetici intelligenti a livello locale”.

Ma a fronte di tutte queste potenzialità, vi sono ancora i costi energetici esorbitanti. Infatti, sfiora 1 miliardo di euro la cifra totale che le micro, piccole e medie imprese della Sardegna hanno pagato in più in bolletta negli ultimi 18 mesi, rispetto alle tariffe pre crisi. Il conflitto russo-ucraino ha, infatti, ha innescato un vertiginoso aumento dei costi energetici equivalenti a un +52% rispetto a quelle di fine 2021. Prezzi insostenibili per tante attività che hanno portato gli imprenditori a ragionare su quali soluzioni adottare per contenere il “caro energia” e quindi a come sfruttare le energie alternative come il fotovoltaico.

Il dossier di Confartigianato Sardegna e Smart Land, società di valutazioni, analisi e strategie per la trasformazione, lo sviluppo e la rigenerazione urbana dice inoltre che l’uso delle rinnovabili sta avendo sempre di più un ruolo centrale nelle politiche energetiche funzionali alla transizione ecologica e per il contrasto ai cambiamenti climatici. L’urgenza di tali politiche è ben evidente dagli effetti negativi che quotidianamente si manifestano nei nostri territori, come conseguenza a tali cambiamenti, in termini di costi tanto economici quanto sociali.

La Sardegna ha una produzione energetica in surplus rispetto alle esigenze regionali, garantendo in questo modo l’alimentazione di altre regioni (Lazio e Corsica in primis), ma il problema è che oltre il 71% della produzione è da fonti non rinnovabili, con tutte le conseguenze che essa comporta anche in termini di inquinamento.

L’obiettivo nazionale e regionale al 2030 è incrementare la produzione da fonti rinnovabili in Sardegna di 6,2 GW, perché al fine del raggiungimento dell’obiettivo 2030, secondo il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) che fissa al 40,5% i consumi soddisfatti da fonti rinnovabili), mancano 16,8 punti percentuali alla Sardegna per raggiungere l’obiettivo.

La Sardegna oggi produce 13.395 GWh di produzione lorda e ne consuma 8.112, ma solo 3.443 GWh è prodotto da fonti rinnovabili, con una produzione per autoconsumo limitata al 3,4% sul totale, rispetto ad una media nazionale del 10,2%. Se la Sardegna volesse produrre tutta l’energia che le serve attraverso fonti rinnovabili dovrebbe incrementare la produzione energetica sostenibile di 4.250 GWh.

Ad oggi la produzione da fotovoltaico in Sardegna pesa il 17% sul totale dei consumi regionali, un valore che andrebbe ampliato per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC. Tuttavia in Sardegna ad oggi la produzione da fotovoltaico ha consumato molto suolo, perché il 40% della produzione deriva da impianti di produzione è a terra. L’uso del fotovoltaico sui tetti dei capannoni è un sistema ad oggi poco diffuso ma di grandi potenzialità.

In Sardegna ci sono 495 aree produttive, propriamente dette, per un totale di 97 kmq, pari allo 0,4% della superficie regionale. In queste aree, secondo le stime di Smart Land, sono disponibili 15,8 milioni di mq di tetti i quali potrebbero essere utilizzati in tre modi:

un primo obiettivo minimo fissato dal PNIEC, ovvero 55% nei consumi elettrici attraverso fonti rinnovabili;

un obiettivo ottimale che spinge l’uso dei tetti dei capannoni al 65%, escludendo quelli meno appropriati per orientamento, inclinazione dei tetti;

un obiettivo massimo (e utopico) di utilizzazione del 100% di queste superfici.

Nello scenario minimo significherebbe installare una potenza aggiuntiva di 686 MW per una produzione di 1.018 GWh. Ciò consentirebbe di elevare la quota da fonti rinnovabili sul totale del fabbisogno energetico elettrico sardo, dall’attuale 40% al 55% (obiettivo nel PNIEC). Inoltre consentirebbe di soddisfare poco meno del 30% di tutti i consumi elettrici del comparto produttivo e di passare da un peso del 26% delle rinnovabili sulla produzione elettrica sarda a un peso del 33%, con l’11% della potenza aggiuntiva totale da fonti rinnovabili (elettrico più termico), obiettivo che la Sardegna deve raggiungere entro il 2030.

Questo scenario prevede investimenti per 759 milioni di euro, con 589 milioni di valore aggiunto creato e con la creazione di 4.677 posti di lavoro (ULA) temporanei (installazione, ecc.) e 191 ULA permanenti (gestioni, manutenzioni, ecc.). I benefici ambientali sono quantificabili in 540 mila tonnellate all’anno di CO2 risparmiata, per i quali sarebbero necessari 119.900 ettari di foreste aggiuntive e con 549 ettari di superficie risparmiata (se il fotovoltaico fosse installato a terra).

Lo scenario ottimale (65% dei tetti dei capannoni utilizzati) porterebbe ad una potenza installabile di 1.284 MW pari ad una produzione di 1.904 GWh, parii a soddisfare il 55% dei consumi elettrici del settore industriale sardo, passando da un peso del 26% delle rinnovabili sulla produzione elettrica sarda a un peso del 40%. Gli investimenti in questo caso sarebbero pari a 23 milioni di euro all’anno e i posti di lavoro creati sarebbero 8.748 in fase di costruzione e installazione e 357 ULA a regime per gestioni e manutenzioni. Questo scenario abbatterebbe la CO2 di 1 milione di tonnellate all’anno, valore che nello scenario massimo salirebbe a 1,5 milioni di tonnellate.