Si è parlato di promozione del pane sardo, di contrasto all’abusivismo e lavoro nero, della valorizzazione dei territori di produzione, della tutela delle imprese della panificazione e dell’indotto prodotto dall’“arte bianca”, nell’evento che, al “Borgo del Pane” di Settimo San Pietro (CA), ha chiuso la prima edizione di “Panifici aperti – Le vie del pane”, progetto regionale ideato e promosso da Confartigianato Imprese Sardegna, Laore Sardegna e Associazione Panificatori di Confartigianato Sud Sardegna. All’iniziativa ha partecipato anche Sara Canu, Consigliere Regionale della Sardegna.

Quello della panificazione sarda è settore fondamentale per l’alimentare isolano che, secondo l’analisi elaborata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat 2019 al III trimestre dell’anno in corso, rappresenta 939 imprese che producono prodotti di panetteria freschi, di cui il 78%, pari a 732 unità, sono artigiane. Negli stessi panifici artigiani sono occupati oltre 3 mila addetti. Negli ultimi 5 anni però i numeri dell’artigianato del settore si sono assottigliati, difatti, al III trimestre dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo del 2014 sull’Isola si contano 37 imprese in meno. Sono invece 110mila le tonnellate di pane fresco che ogni anno vengono sfornate in tutta la Sardegna, oltre 800 i tipi di prodotto che quotidianamente finisce nelle tavole dei sardi: Civraxiu, Coccoi, Moddizzosu ma anche rosette, schiacciatine, baguette, bananine e lingue senza dimenticare il pane alla ricotta o quello con le olive. I comuni sardi in cui si conta un maggior numero di panifici artigiani sono: Cagliari, Sassari, Quartu Sant’Elena, Olbia, Oliena, Fonni, Nuoro, Alghero, Carbonia, Desulo e Dorgali.  Per ciò che riguarda la domanda e offerta di lavoro, i panifici dislocati su tutto il territorio della Sardegna ricercano complessivamente 440 Panettieri e pastai artigianali. Questi nel 36,6% dei casi risultano difficili da reperire.  Le 730.510 famiglie sarde spendono ciascuna ogni mese circa 21 euro per acquistare civraxiu, moddizzosu, pane carasau, etc. Partendo da questo dato è possibile stimare che in media la spesa annua sostenuta da tutte le famiglie dell’Isola per l’acquisto di pane ammonta a 186 milioni di euro.

Il progetto “Panifici aperti”, patrocinato dall’Assessorato Regionale all’Artigianato, Turismo e Commercio che continuerà a supportare l’iniziativa anche in futuro, ha rappresentato anche l’occasione anche per riflettere sulla tematica del pane tipico sardo, sulle sue specificità e potenzialità, e analizzare i dati delle imprese e delle produzioni. Nei 2 mesi di attività e iniziative nei forni e panifici di Cagliari, Carloforte, Gonnosfanadiga, Iglesias, Bonorva, Montresta, Oristano, Orroli, Genuri e Padria, l’iniziativa ha consentito a cittadini, studenti e turisti, di visitare numerosi panifici in tutta l’Isola, rafforzando così il legame tra maestri panificatori e clienti, valorizzando le produzioni realizzate con sfarinati sardi, sensibilizzando al consumo di pane fresco a marchio sardo e facendo conoscere numerosi contesti territoriali e culturali. All’interno di ogni laboratorio per ogni pane prodotto, i panificatori hanno proposto le descrizioni storiche e sottolineato le curiosità, ed evidenziato le differenze tra grano duro e tenero, i diversi lieviti e le relative lievitazioni, la filiera corta e il chilometro zero.

Maggiore attenzione per il pane fresco sardo – è stato l’appello di Daniele Serra, del Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – nell’Isola abbiamo eccellenti produttori e incredibili qualità di sfornati a dimostrazione di quanto importanti siano la tutela e la valorizzazione del nostro pane e dei prodotti tipici più in generale”. “Tante imprese da tempo si muovono con intraprendenza nel settore – ha ripreso il Segretario proponendo al mercato un prodotto di straordinaria qualità, frutto di un’attenta tutela delle tradizioni sarde, negli ingredienti, tutti rigorosamente locali, e nella lavorazione, prosecuzione delle migliori consuetudini isolane”.  Confartigianato – ha concluso Serra da sempre è attenta al settore della panificazione, anche attraverso iniziative guidate da esperti del settore che offrono a giovani, e non, l’opportunità di avvicinarsi a questa “arte”, di specializzarsi e di farne un’ottima occasione di lavoro”.

In questi 60 giorni Laore Sardegna, l’Agenzia Regionale per l’attuazione dei programmi regionali in campo agricolo e per lo sviluppo rurale – ha affermato Antonio Maccioni, Direttore del Servizio Sviluppo della multifunzionalità e valorizzazione della biodiversità di Laore Sardegnaha portato avanti l’attività de “Le vie del pane”, una serie di percorsi realizzati per identificare e valorizzare il pane tipico locale attraverso itinerari turistico-didattici, ideati per ripercorrere le fasi produttive della filiera: dalla coltivazione dei cereali alla produzione del pane. Iniziativa, questa, che, attraverso i laboratori didattici, i percorsi di analisi sensoriale e la visita dei luoghi dove hanno origine le materie prime, hanno evidenziato gli aspetti storico-culturali legati agli usi e ai costumi dei territori”.

 “I panificatori sono i custodi di tradizioni preziosissime e millenarie che dobbiamo proteggere, valorizzare e soprattutto far conoscere – ha invece commentato Gianfranco Porta, Presidente dell’Associazione Panificatori di Confartigianato Sud Sardegnae questa iniziativa è stata un modo per rafforzare la filiera dell’arte bianca, riscoprirne i valori e fare rete tra piccoli produttori”.

Laore Sardegna, con una stima effettuata attraverso una serie di interviste dirette,  ha invece analizzato la produzione e il mercato dei panifici e pastifici del Sud Sardegna (Parteolla, Trexenta, Campidano e Campidano di Cagliari), e l’attività produttiva dei mulini.

Secondo le stime dell’Agenzia, dalla situazione relativa a123 panifici del sud Sardegna, risulta come su circa 66mila quintali di materia prima utilizzati, 44mila siano di farina tipo 00, più di 20mila di semola di grano duro e 1.443 di farina integrale. Il 79% di questi hanno un mercato solo locale, il 18% locale e regionale e solo il 3% locale, nazionale ed estero.

Per ciò che riguarda i pastifici, secondo le stime effettuate su 15 imprese, su 7.867 quintali di materia prima ben 5.912 quintali (75%) sono sfarinati sardi e solo 1.954 (25%) hanno altra provenienza.Il 50% di questi ha un mercato locale, regionale ed estero, il 25% locale e regionale, il 17% regionale ed estero e solo l’8% locale.

Dall’analisi sui mulini e i produttori di semola (12 attività sempre nel sud Sardegna), è emerso come su oltre 238.825 quintali, il 67% (oltre 79mila) siano sfarinati sardi e solo il 33% (più di 15mila) sia di altra provenienza.