La crisi delle pulitintolavanderie della Sardegna è profonda e importante.
La recessione scatenata dal Covid-19, infatti, anche nell’Isola ha avuto pesantissimi effetti su questo settore che ha svolto una funzione fondamentale di pulizia e sanificazione dei capi d’abbigliamento.
Nella nostra regione, nel 2020, secondo le analisi l’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, il comparto della lavanderia e pulitura di articoli tessili e di pelliccia, vede registrate 505 imprese, all’interno delle quali quelle artigiane sono rappresentate da 282 laboratori, quasi il 56% del settore.
I dati territoriali parlano di 219 imprese, di cui 125 artigiane (57,1%), nella vecchia provincia di Cagliari, 60, di cui 42 artigiane (70%), in quella di Nuoro, 34, di cui 19 artigiane (55,9%), in quella di Oristano, e ben 192, di cui 96 (50%), nella ex provincia di Sassari.
Tutte queste attività, nel 2019, avevano generato un fatturato pari a quasi 20 milioni di euro, per circa 40mila euro in media ad azienda. I vari lockdown e le varie restrizioni, nel 2020, hanno fatto registrare minori ricavi per 10 milioni di euro (circa il 50% in meno).
“Il dimezzamento delle presenze turistiche – affermano il Presidente e il Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna, Antonio Matzutzi e Daniele Serra – associato a restrizioni sulla mobilità delle persone nell’anno della pandemia, ha influito sull’attività di ristoranti e alberghi e sull’utilizzo, e la relativa manutenzione, di capi di abbigliamento. Inoltre, il diffuso utilizzo di smart working e la cancellazione di eventi e cerimonie, ha poi ridotto l’utilizzo del vestiario di più elevata qualità, su cui viene richiesto un maggiore utilizzo dei servizi di pulitintolavanderia”. “In questo momento così difficile per tutti noi, per la nostra Isola e il nostro Paese – continuano Presidente e Segretario – ribadiamo il ruolo fondamentale di questo comparto: non a caso nel susseguirsi dei DPCM, queste attività sono sempre rimaste tra quelle autorizzate a operare. La manutenzione e la pulizia dei capi di abbigliamento, sono servizi essenziali e l’attività delle lavanderie assume un ruolo professionale strategico nella sanificazione e nel contenimento del contagio, come certificano alcune recenti ricerche”.
Poi c’è il problema dei vari Sostegni e Ristori, che poco hanno supportato il comparto.
“Dopo l’esclusione dal Decreto “Ristori ter”, che aveva però contemplato altre tipologie di imprese escludendo quelle artigiane – ricordano da Confartigianato Imprese Sardegna – avevamo riposto molte speranze nel Decreto “Sostegni” che prometteva, tra le altre cose, il superamento dei codici ATECO. Purtroppo non è andata come ci potevamo aspettare: con le regole adottate, infatti, se facciamo una simulazione su un nostro laboratorio artigiano, che fino al 2019 aveva un fatturato annuo di circa 40mila euro e che nel 2020 ha visto ridurlo a 20mila (con un taglio di ricavi di circa il 50%), questo riceverà circa 2mila euro di ristoro”.
Oltre alla crisi da Covid19, il settore soffre la presenza di attività che lavorano, troppo spesso, nei coni d’ombra della legalità e della libera concorrenza del mercato.
“Se le lavanderie tradizionali sono chiamate a rispettare una lunga serie di vincoli e di requisiti professionali e ambientali, oltre agli oneri burocratici e alle autorizzazioni per l’attività imprenditoriale svolta – riprendono Matzutzi e Serra – le lavanderie self-service, invece, dovrebbero limitarsi all’attività commerciale di noleggio di lavatrici e attrezzature professionali. Il lavoro, poi, spetterebbe al cliente, che non potrebbe avvalersi dell’aiuto dello staff. Il condizionale è d’obbligo, però, perché troppo spesso questo non avviene”.
Per questo motivo, Confartigianato sta chiedendo da tempo maggiori controlli e una distinzione netta ed univoca di due attività, divise da un confine fin troppo facile da eludere.
“Ci auguriamo tutti che con l’arrivo dei vaccini, col diminuire dei contagi – concludono Presidente e Segretario – tutte le attività riprendano a lavorare per la salute delle nostre imprese e per l’economia del nostro territorio”.